Saipem, si prosegue in Guyana, il titolo ha già corso tanto
pubblicato:Dopo nuovi massimi, l'azione ripiega in controtendenza. I ribassisti rimangono in agguato e il titolo ha corso davvero tanto. Ecco uno sguardo sul titolo e sui fondamentali
Seduta in calo e in controtendenza per Saipem: l'azione cede lo 0,7% mentre il mercato sale in maniera consistenza ed è un segnale da non sottovalutare.
In realtà il titolo di ha avviato l’ottava con un allungo a quota 2,471 euro su nuovi record di periodo, praticamente livelli che non vedeva dalla terribile seduta del 12 luglio 2022, nel mezzo del periodo dell’ultimo aumento di capitale. Poi l'azione, oggi stesso, ha però avviato un ripiegamento fino ai minimi di 2,376 euro e adesso passa di mano a 2,398 euro (-0,7% appunto).
Saipem, il titolo sui prezzi del terribile luglio 2022
Quel 12 luglio 2022, data che ospita i record di oggi, fu una giornata particolare. L'aumento di capitale da 2 miliardi, coperto dai garanti per oltre un quinto, lasciava ancora in dubbio il mercato non soltanto sulle prospettive del colosso delle forniture all’industria petrolifera (e oggi sempre più spesso anche all’industria delle rinnovabili), ma addirittura sulla sua stessa sopravvivenza nel medio periodo.
La sera prima la società aveva comunicato che l’aumento di capitale era stato sottoscritto al 79% e che comunque le garanzie coprivano tutto l’ammontare dell’operazione da ben 2 miliardi di euro (d’altronde era un aumento di capitale inscindibile, quindi o tutto o niente). Si trattava di un’offerta a sconto del 30% sul TERP (il prezzo teorico ex diritto che fa da riferimento negli aumenti di capitale) con un’offerta di 95 azioni per ogni diritto, ma in realtà era l’estremo tentativo di salvataggio di un gruppo in crollo verticale dopo una serie di profit warning, basti pensare che prima di arrivare all’aumento di capitale che offriva 95 azioni per ogni titolo possedute, si procedette a maggio con un raggruppamento 21 a 100 e poi a giugno con un raggruppamento uno a dieci. Per questo motivo i prezzi di allora con cui oggi il titolo si confronta sono importanti, ma vanno presi con molta cautela, visti gli scossoni enormi ai corsi in quella fase.
Il rally recente nato fra mille insidie
Questo ovviamente non toglie nulla al rally recente del titolo, che ha visto un balzo del 98% circa in Borsa tra i minimi dello scorso 8 febbraio 2024 a 1,247 euro e i citati massimi di oggi a 2,471 euro. Performance da capogiro che hanno sbaragliato ostacoli importanti come quelli in area 1,61 o in area 2,15 euro (possibili supporti se domani prevalessero più a lungo le vendite) e - pur inviando da ormai un mese e mezzo gli oscillatori di breve in ipercomprato (questo il caso dell’RSI a 14 sedute) - hanno soprattutto confermato la riconquista della fiducia degli operatori dopo anni di profonda crisi.
Non è stato affatto recuperato il capitale bruciato dai corsi negli ultimi anni, ma è innegabile che le conferme e riconferme giunte dalla società negli ultimi mesi hanno saputo modificare l’approccio degli investitori prima giustamente molto scettico.
Non mancano chiaramente le incertezze, tipiche non soltanto del titolo ma del settore petrolifero in generale e della componentistica all’industria dell’oil, delle infrastrutture per le rinnovabili.
Quel 30 gennaio 2024 quando l'azione crollò
Fra l’altro è ancora vivida negli operatori la memoria di quel famigerato crollo del 30 gennaio 2024: in quella seduta il titolo Saipem reagì a due notizie di importanza soltanto relativa (un incidente in Australia che presto si rivelò poco significativo e l’annuncio del colosso petrolifero saudita Aramco di un blocco degli investimenti produttivi) crollò del 13,25% in Borsa.
Quel giorno passarono di mano oltre 303 milioni di azioni, circa il 15,2% del capitale sociale di un colosso del Ftse MIB in una seduta soltanto, roba da far tremare i polsi non soltanto agli azionisti, ma anche a tutti gli azionisti italiani, visto che – in teoria – muovere tanto uno dei titoli primari di una Borsa non dovrebbe essere facile.
Detto questo emersero forti posizioni ribassiste sul titolo di Saipem e in parte quello scossone improvviso e poi - come visto – fu non soltanto recuperato, ma ribaltato su performance da raddoppio del valore delle azioni.
I ribassisti di oggi
Nonostante molti shortisti di fine gennaio si siano probabilmente fatti male, visto l'allungo successivo del titolo, ancora oggi alcune forti posizioni ribassiste emergono dalle tabelle dalla Consob sulle posizioni nette corte.
Si segnalano Citadel Advisors Europe Limited, che ha una posizione netta corta pari all’1,33% del capitale sociale (prendiamo i dati Consob che indicano il capitale sociale complessivo, chiaramente se ci si limitasse al flottante la posizione sarebbe più importante in proporzione) aperta il 5 aprile scorso; Capital Fund Management ne ha una dell’1,21% che risale ormai al 13 marzo 2024.
Intanto i lavori e i contratti vanno avanti
Ma la novità di oggi è un’altra. L’ultima novità comunicata dalla società oggi guidata dall’amministratore delegato Alessandro Puliti è il via libera da ExxonMobil Guyana Limited e dagli altri partner del blocco Stabroek a procedere con i lavori del giacimento Whitptail, a largo della Guyana a circa 2000 metri di profondità.
Significa un via libera su un contratto EPCI (ingegneria, approvvigionamento, costruzione e installazione in uno) del valore stimato da 750 milioni a 1,5 miliardi di euro.
Del progetto era stato comunicato già lo scorso novembre al mercato, ma oggi emergono implicitamente dei dettagli in più, perché le installazioni del blocco Stabroek erano state comunicate a fine novembre insieme a un altro contratto in Brasile conteggiando il valore complessivo dei nuovi contratti a 1,9 miliardi di dollari.
Il progetto a petrolio e gas di Whitpail, che deriva da scoperte del 2021, prevede una produzione da 250 mila barili di petrolio equivalente al giorno. La sua proprietà fa riferimento per il 45% a Esso Exploration and Production Guyana , per il 30% a Hess e per il 25% a CNOOC International, con Exxon operatore. Verranno impiegate le unità Constellation e Castorone per la realizzazione delle strutture subacquee (risers,flowlines e ombelicali) collegate a un grande impianto sottomarino. La società conosce bene l’area dove si è aggiudicata altri 5 contratti con Liza Fase 1 e Fase 2, Payara, Yellowtail e UARU.
Fondamentali e multipli per fare il punto
Ma è proprio sui fondamentali e multipli di Borsa che il titolo mostra una situazione in rapida evoluzione. A circa 4,817 miliardi di euro di queste ore (prezzo del titolo a 2,398 euro in calo sul riferimento dello 0,7%), l’azione sconta un P/E 26,7x, ossia prezza a 26,7 volte gli utili del 2023. Un valore abbastanza elevato.
Si è passati da una perdita di 209 milioni di euro a un utile da 179 milioni di euro nel 2023, da una cassa negativa per 524 milioni a una positiva per 248 milioni (free cash flow) e da un’acquisizione di ordini di 12,941 miliardi a una di 17,66 miliardi l’anno scorso, sembra naturale immaginare un forte miglioramento ulteriore dei risultati.
Il backlog del gruppo sfiora ormai i 30 miliardi (circa 29,8 mld per l’esattezza) e la società ha segnalato che 11,647 miliardi di questi ordini andranno evasi questo stesso anno 2024, quindi dovrebbe esserci quell’impulso ai risultati che è anche alla base dell’annuncio del ritorno al dividendo il prossimo anno 2025 con una guidance posta su un pay-out ratio del 30-40% del free cash flow al netto dei canoni di locazione.
D’altronde lo stesso aggiornamento del Piano Strategico all’orizzonte 2024-2027 prevede un miglioramento degli obiettivi economico-finanziari con un focus ulteriore sul segmento low/zero carbon per la transizione energetica, che detto in parole povere significa un’ampia diversificazione del portafoglio ordini sul fronte dei progetti non oil con bene 16 miliardi di euro di ordini attesi proprio nel segmento low & zero carbon.
Una disciplina di costo rilevante pone l’obiettivo di tagli dei costi complessivi di 270 milioni di euro e un’integrazione dei servizi a offshore e onshore capace di contribuire per circa 20% del complessivo nell’ambito della cosiddetta “One Saipem”, la bandiera sotto la quale il management ha posto le strategie di integrazione ulteriore del business. Proseguiranno nel periodo le cessioni del drilling onshore e ci sarà invece un focus commerciale sull’offshore E&C (produzione)
Il piano prevede per quest’anno 2024 ricavi nel range 12,7-13,3 miliardi di euro con un ebitda margin intorno al 10%, un cash flow operativo post leases di 740-780 milioni e capex per 440-480 milioni.
Nel periodo al 2027 un CAGR del 4-5% dei ricavi e un ebitda margin in crescita fino al 12% dovrebbe accompagnare nel periodo complessivo operating cash flow post leases da circa 3 miliardi e capex da 1,4 miliardi.
Facendo qualche calcolo in più la media dei ricavi attesi quest’anno è a 13 miliardi e comporterebbe un ulteriore balzo del 9,48% circa del fatturato. Se poi l’ebitda margin raggiungesse davvero il 10% contro il 7,8% scarso dell’anno scorso, allora l’ebitda raggiungerebbe gli 1,3 miliardi e se il rapporto tra utile ed ebitda si mantenesse invariato allora l’utile supererebbe i 250 milioni di euro con un balzo del 40%, sui corsi di oggi significa comunque un P/E forward di 19,04x, molto inferiore ai 26,7 del P/E calcolato sull’ultimo utile, ma comunque ancora relativamente elevato.
D’altronde se sommiamo alla capitalizzazione attuale da 4,817 miliardi i soli 261 milioni di PFN di fine 2023, otteniamo un’EV (Enterprise Value) di circa 5,04 miliardi pari ad appena 5,45x l’ebitda registrato a fine 2023 (EV/EBITDA) e ad appena 3,9 volte l’ebitda atteso a fine 2024 (EV/EBITDA FWD), una valutazione che in questo caso appare invece veramente conveniente.
Ma ci sono chiaramente molti altri fattori da tenere in considerazione, anche sul fronte patrimoniale dove il rapporto debt/equity (considerando la posizione finanziaria netta post leasing a 261 milioni) è migliorato 0,10 e lascia importanti margini di manovra. Ci sono poi le cessioni e i cambiamenti di perimetro che probabilmente proseguiranno e il ciclo dei tassi che a fine anno potrebbe essere più favorevole.
Ovviamente dopo una corsa di quasi il 100% del titolo e con oltre il 2,5% del capitale in posizione ribassista (ma l’ultima volta gli è andata male) la prudenza è d’obbligo, anche per un altro fondamentale motivo: il petrolio.
Le compagnie petrolifere e quelle di servizio all’industria dell’oil sono uno strumento privilegiato per investire sul petrolio e sono ampiamente utilizzate come proxy sul greggio.
I prezzi del petrolio ultimamente sono cresciuti molti anche grazie alle tensioni geopolitiche, ma si prevede una normalizzazione sulla scorta della backwardation dei prezzi dell’oro nero e anche grazie all’immissione di nuova capacità sul mercato che dovrebbe bilanciare una domanda ancora in crescita, ma lontano dai picchi dell’anno scorso. Oltretutto l'anomalia di prezzi delle materie prime in rialzo con un dollaro forte dovrà in qualche maniera risolversi.
Chiaramente una ulteriore escalation della crisi geopolitica in Medioriente e degli shock forti sulle supply chain del greggio non si possono escludere e sarebbero in grado di proiettare molto più in alto le valutazioni del petrolio. Al momento però il quadro non sembra questo e, complice l'evoluzione timida della domanda cinese, per ora i prezzi dell'oro nero sembrano sotto controllo, anzi la forza del dollaro che persiste tende inevitabilmente a "domarli".
Il rischio per il titolo è che se il petrolio avviasse un ripiegamento più consistente, le azioni potrebbero riflettere questa prospettiva, almeno sul fronte dei nuovi ordini. I cicli più lunghi di investimento dei fornitori, la ricchezza del suo backlog, la differenziazione del business sui megatrend del green e la visibilità quindi sul suo fatturato nel medio-termine dovrebbero tenere relativamente al riparo il titolo da movimenti eccessivi.
Il passato recentissimo degli scossoni al titolo però deve suggerire prudenza e anche in valore assoluto, dopo la corsa dei prezzi dell’ultimo mese e mezzo, è probabilmente più saggio aspettare eventuali prese di beneficio che nel breve potrebbero scattare per valutare ingressi su un’azione che il mercato ultimamente prezza con generosità relativa come visto dai calcoli del P/E (ma non dall'EV/EBITDA).
Sicuramente il cda sui conti del primo trimestre del 2024, in calendario per il prossimo 22 aprile, potrà fornire indicazioni agli operatori, ma con la storia recente mantenere allacciata la cintura di sicurezza resta una regola d'oro.