Petrolio in forte rialzo e guadagna anche l'oil di Milano
pubblicato:Il greggio continua a salire con le tensioni geopolitiche e non solo. L'agenzia dell'Energia mostra una timida luce: la crescita della domanda di petrolio rallenta. I numeri mostrano comunque l'assenza di una seria inversione e l'idrocarburo regna ancora sovrano
Ancora forti acquisti sul greggio nei mercati internazionali e i prezzi del petrolio riprendono la corsa aggiornando i massimi di periodo. Il Brent passa di mano a 91,69 dollari al barile dopo allunghi oltre i 91,8 dollari e ha già segnato un apprezzamento del 19,74% dall’inizio dell’anno.
Anche il future sul WTI segna un +1,7% a 86,44 dollari al barile dopo allunghi oltre 84,83. Da inizio 2024 il West Texas Intermediate ha accumulato un rialzo del 20,3%
A Milano Saipem guadagna il 3,83% ed Eni il 3,08% Chi ha puntato sul petrolio in queste ore incassa.
Petrolio, la crisi geopolitica a qualcuno fa bene
Gran parte degli osservatori sottolinea la crescita delle tensioni geopolitiche che nelle ultime settimane ha affiancato i recuperi del petrolio greggio nel mercato. D'altronde l'eventuale allargarsi del conflitto in Medioriente e all'Iran potrebbe davvero impattare sulle forniture che all'inizio sembravano escluse dagli impatti della nuova guerra a Gaza. Poi gli Houthi hanno dimostrato che no, oltre alle vite, ci sono in gioco anche le merci e quindi anche il petrolio potrebbe subire e le altre commodity potrebbero registrare una carenza e un rincaro, magari affiancato dalla domanda aggiuntiva necessaria a fare il giro del Capo di Buona Speranza. Con buona pace della lotta all'inflazione che però per ora mantiene le posizioni e anzi le migliora.
Ma altri fattori, come sempre per il petrolio, sono da tenere in considerazione, per esempio la crescita delle scorte Usa o l’avvio della stagione delle vacanze in auto, tradizionalmente driver dei consumi importante, sempre negli Stati Uniti.
Petrolio, un'analisi "contrarian" dell'IEA
Un fattore più contingente è stato l’ultima analisi dell’IEA dal titolo “La domanda di greggio cresce a un ritmo minore mentre il recupero post-covid compie fa il suo corso”.
Un analisi - come sempre per l’Agenzia Internazionale dell’Energia - molto puntuale, anche se contrarian rispetto all’evoluzione dei prezzi di oggi.
Toril Bosoni, a capo della divisione Oil Industry e Mercati e Ciaran Healy (analisi di mercato) affermano infatti che la crescita della domanda globale di greggio è nel mezzo di un rallentamento che la dovrebbe portare a 1,2 milioni di barili al giorno nel 2024 e a 1,1 milioni di barili al giorno nel 2025.
Secondo l’agenzia che ha tra i Paesi membri gran parte di Europa ed America del Sud e del Nord, oltre ad Australia, India e Cina (ma non la Russia) e copre quindi l’80% del consumo globale di energia, ma “solo” il 62% della produzione l’orizzonte dei prezzi del non è dunque così nero come le tensioni geopolitiche degli ultimi anni e ristagni del transizione energetica lascerebbero immaginare.
In altre parole i picchi di crescita della domanda di petrolio visti nel 2022 e nel 2023 non dovrebbero tornare.
Il report afferma che sia i dati sulla domanda di petrolio, che quelli sulla mobilità confermano che il ritmo rallenta e che il periodo di un aumento della richiesta superiore alle medie storiche è finito.
Già tra il quarto trimestre del 2024 e il primo del 2023 la crescita della domanda dovrebbe essersi compressa da 1,9 milioni di barili a 1,6 milioni di barili al giorno, lontanissima dai picchi di crescita di 3 milioni di barili visti l’anno scorso e attribuibili anche all’uscita della Cina dai lockdown dopo il resto del mondo.
Petrolio, alla fine la Cina è sempre al centro
La Cina - nonostante la relativamente scarsa trasparenza dei suoi acquisti dalla Russia, per esempio - rimane in qualche maniera la protagonista della domanda globale: nel decennio chiusosi nel 2023 ha infatti coperto quasi due terzi della crescita della domanda globale di oro nero.
Ma lo scenario adesso è cambiato e, oltre a un’economia che mostra una maggiore fragilità con tassi di crescita del Pil assai inferiori al passato, in Cina si diffondono rapidamente tecnologie che rimpiazzano quelle a maggior consumo di greggio, dall’auto elettrica ai treni ad alta velocità. Si tratta di una rivoluzione della mobilità della Repubblica Popolare che secondo gli esperti dell’IEA potrebbe addirittura comprimere la crescita domanda cinese di petrolio a poco più di un terzo della domanda globale nel 2024 e nel 2025.
Petrolio, la domanda per i viaggi aerei dovrebbe normalizzarsi
C’è poi un altro grande motore della domanda e dei prezzi del petrolio: i viaggi aerei. Nel 2022 e nel 2023 l’uscita dalla pandemia in Occidente ha portato a un’esplosione della domanda del settore aereo, con una crescita del jet fuel/kerosene, soprattutto dovuta all’aviazione, pari a 1 milione di barili al giorno per ciascuno dei due anni.
Ma già dalla seconda metà del 2024 questa crescita della domanda è andata calando e i dati di Airportia lasciano ipotizzare che possa comprimersi già quest’anno fino a circa 230 mila barili al giorno, meno di un quarto dell’impatto annuale sulla crescita registrato negli ultimi due anni.
Questo senza considerare che anche in campo aeronautico l’efficienza guadagna punti e che, ha parità di attività, la domanda di petrolio delle flotte è stata nel secondo semestre del 2023 di oltre il 6% inferiore a quanto si registrava nel 2019. E oltretutto questi vantaggi tecnologici dovrebbero crescere nei prossimi anni.
Petrolio, prospettive e bilanci amari nei dati Opec
L’Iea conferma l’idea che nei prossimi anni diversi fattori contribuiscano a una graduale alleggerimento della crescita della domanda di petrolio greggio.
Segnatamente nel conto si inserisce la forte diffusione dell’auto elettrica in Cina, i miglioramenti generali dell’efficienza degli altri veicoli e il minor ricorso al petrolio in Medioriente -soprattutto in Arabia Saudita - per la generazione dell’energia elettrica.
Un’analisi “buona” che comunque sottende dati ancora molto preoccupanti per chi teme che l’impatto degli idrocarburi sul clima e sull’umanità sia ancora a livelli di allarme. L’anno scorso infatti la domanda di petrolio greggio, secondo gli ultimi dati del report mensile di aprile dell’Opec, tende comunque a crescere e non accenna anzi a ridursi.
Secondo il cartello dei produttori di greggio che lotta da anni per tenere alti i prezzi anche producendo meno greggio per “scaldare” la domanda, nel 2023 il mondo ha bevuto 102,21 milioni di barili di petrolio al giorno.
Si salirà con costanza fino a 105,57 milioni di barili nell’ultimo trimestre del 2024 e a 107,33 milioni di barili a fine 2025.
La domanda potrebbe crescere con aumenti complessivi dappertutto, tranne qualche oscillazione stagionale: nelle Americhe (e soprattutto negli Stati Uniti), in Europa, in Cina e in India.
In valore assoluto l’anno scorso gli Stati Uniti soltanto hanno espresso una domanda di petrolio pari a 20,4 milioni di barili che potrebbe crescere fino a 20,61 milioni di barili a fine 2025.
L’Europa potrebbe passare da 13,41 milioni di barili al giorno a 13,46 milioni, la Cina da 16,22 milioni di barili a 17,31 milioni e l’India da 5,34 a 5,8.
Ovviamente l’Opec è molto più interessata dell’IEA, che è un’istituzione con uno sguardo più ampio sui vari mix energetici, a mostrare un panorama in cui il petrolio alla fine vince sempre.
La crescita della domanda stimata dal cartello, che come si sa è da tempo alleato della Russia e controlla una fetta importante della produzione globale, si pone infatti su livelli molto più alti di quella dell’EIA, una domanda in crescita di 2,25 milioni di barili nel 2024 e di 1,85 milioni nel 2025.
Tutti scenari che mettono il termometro alla crescita, ma che sostanzialmente non la mettono in discussione per almeno due anni, anzi. Un po’ come dire che sulla transizione energetica, nonostante gli effetti sempre più tangibili delle emissioni di CO2 sul clima e i costi correlati che volano, abbiamo scherzato. Per ora il nero vince ancora senza partita sul verde.
Ma forse, quando dalla conquista della produzione di elettricità, si passerà alla elettrificazione dei riscaldamenti (più facile e meno pubblicizzata) e quindi dei trasporti, forse con tecnologie ancora diverse da quelle di oggi, le rinnovabili guadagneranno una sudata vittoria grazie proprio ai prezzi. I prezzi potrebbero già sconsigliare numerosissime applicazioni assai diffuse e comunque spingono all’innovazione tecnologica e all’efficienza dappertutto. La partita insomma è ancora aperta sul medio periodo, peccato che il rischio di arrivare fuori tempo massimo, sia sempre più concreto.